domenica 20 marzo 2011

Tumlingtar - Makalu CB: quarto giorno

Quarto giorno: Num (1560 m) – Sheduwa (1540 m)
Dislivello: + 855 m - 765 m
Ore: 6.45

Il cielo stellato è sparito con le prime luci dell'alba per lasciare il posto ad una cappa di piombo del color della pece. Partenza. La discesa, ripidissima, si insinua con un tortuoso sentiero fra piccole terrazze coltivate. L'aria trasuda umidità. Scendiamo, quasi a precipizio, fra alte piante in una lussureggiante giungla. Le pietre che lastricano a tratti la via sono estremamente scivolose e ci costringono a fare attenzione su dove appoggiare i piedi. Qualche scivolone con conseguente atterraggio ... morbido è inevitabile! Al termine della interminabile discesa ci aspetta un ponte sospeso e dondolante sull'Arun, gonfio e tumultuoso per le piogge recenti ed abbondanti. Quest'anno la stagione monsonica non sembra ancora finita, pur essendo abbondantemente nel mese di ottobre. L'attraversamento del fiume è un atto sacro: i corsi d'acqua sono considerati divinità femminili, benevoli e dolci. Tutta la zona dell'Arun Khosi è considerata sacra come sacre sono le cime dove dimorano gli dei e sacra è l'aria che si respira. Un profondo misticismo accompagna la vita di tutti gli esseri viventi facendoli nascere, vivere e morire in perfetta armonia. Una sosta dopo l'attraversamento sul ponte. Controllo delle caviglie. Siamo entrati in una zona notoriamente infestata da sanguisughe che qui hanno il loro habitat naturale ... scopro una macchia rossa sul calzino ... questa volta c'è ... tolgo la scarpa ... tolgo il calzino ... ma della sanguisuga nessuna traccia ... satolla se ne è già andata e mi ha lasciato un grosso punto rosso ...

La risalita dell'altro lato della valle presenta la stessa ripidità però il versante è in pieno sole. Dominano le colture, i banani ed altri alberi da frutto. Caldo ed umidità elevatissimi! Non ho mai sudato così tanto in vita mia al punto tale da farmi apprezzare, come un dono elargitomi da qualche divinità del luogo, una preziosissima sorgente alle cui acque affido la mia testa bollente! Gli appezzamenti coltivati sono punteggiati da qualche casa ed è proprio in una di queste dove ci fermiamo. Acquisto per l'occasione degli strani frutti per una rupia l'uno. Assomigliano ai nostri limoni, ma più rotondeggianti. Si sbucciano come una mela e presentano una polpa bianca con piccoli semi disposti a raggiera. Si mangia tutto. Il sapore è acidulo. Un gusto per me del tutto nuovo ... Il nome mi sfugge.
Siamo arrivati a Sheduwa, insediamento umano sparso su minuscole terrazze coltivate a granturco e orzo a 1540 metri d' altitudine e poniamo il campo, come al solito, in un'area già prevista per il campeggio dalle autorità del parco nazionale, su di un ampio prato che comprende, oltre all'ufficio del parco, anche la scuola. Dalla suddetta area ho modo di ammirare il panorama che si estende oltre il ripido fianco della valle e l'occhio si spinge fino a Num, chiaramente visibile sul lontano pianoro di fronte.
Stanco, seduto nella “grande” tenda, osservo affascinato brandelli di nebbia salire dalle profondità dell' Arun Khosi
( da "Ho visto le montagne toccare il cielo" )

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Scendiamo, quasi a precipizio, fra alte piante in una lussureggiante giungla. Le pietre che lastricano a tratti la via sono scivolose e qualche scivolone è inevitabile.

Un gigante della foresta

Al termine della interminabile discesa ci aspetta un ponte sospeso e dondolante sull'Arun Khosi. L'attraversamento del fiume è un atto sacro. I corsi d'acqua sono considerati divinità femminili, benevoli e dolci.

La risalita dell'altro lato della valle presenta la stessa ripidità però il versante è in pieno sole. Dominano le colture, i banani ed altri alberi da frutto.

Siamo arrivati a Sheduwa, insediamento umano sparso su minuscole terrazze coltivate a granturco e orzo a 1540 metri d'altitudine.
 

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