martedì 18 gennaio 2011

Nepal ... la via segreta 1

Traversata alpinistica che collega il campo base del Makalu a 4800 m (quinto ottomila più elevato della terra), con l'alto Khumbu, nella regione dell'Everest. Secondo una antica tradizione, è una via percorsa solo dagli dei o da figure leggendarie come il re Khykharato, dalla bocca di cane e le corna di capra. Si tratta di superare lo Sherpani-la e il West Col, a oltre seimila metri di quota, e l'Amphu Lapcha, che pur essendo di poco inferiore ai primi due è certamente il più difficile e pericoloso.

19 ottobre 2007 venerdì – quattordicesimo giorno: II° Campo Alto-West Col. 
Il programma previsto oggi non sarà rispettato. Vediamo. Dopo colazione cominciamo a salire. Lo zaino personale è abbastanza pesante: comprende infatti tutta l'attrezzatura tecnica con cui affrontare e superare i due alti colli ad oltre seimila metri. Fatti i primi timidi passi in equilibrio su enormi massi, subito la sosta per indossare l'imbrago e i ramponi. Con la piccozza saldamente nelle mani mordiamo il ripidissimo ghiaccio vivo che ci porta d'un balzo a toccare il pianoro superiore. L'ambiente glaciale è illuminato dal primo sole del mattino mentre una leggera brezza contribuisce ad aumentare la sensazione di freddo che ci colpisce al viso. La neve è ottima. Sufficientemente compatta per non affondare, permette una progressione non eccessivamente faticosa. È ben assestata sui pendii sovrastanti che ci accingiamo a calpestare. Siamo nella fase terminale di avvicinamento al passo. Lo Sherpani-la. La parete est che mi si para davanti presenta una fascia di granito marcio, seguita da neve fin sulla sella.

Saranno duecento metri. Ci fermiamo nei pressi della base. Prima si arrampicano i portatori con i loro pesantissimi carichi. Aspettiamo. I nostri Sherpa hanno messo in sicurezza la via applicando le corde fisse, come si fa in questi casi. Aspetto. Quando arriva il mio turno sono l'ultimo ad assicurarmi alla corda mentre decisamente affronto la prima placca rocciosa ... Calpesto gli ultimi metri di neve. Uno ... due ... tre ... quattro ... passi ... una sosta ... riprendo ... ne conto altri quattro prima della sosta successiva ... È un ottimo metodo darsi dei piccoli traguardi di volta in volta, spezzettando e riducendo così a poco a poco lo spazio che mi separa dall'obiettivo finale.
Sulla sottile lama che segna il punto più alto dello Sherpani-la, mi trovo a condividerne l'esiguo spazio con tutti gli altri. Getto lo sguardo sull'altro versante. Mi sembra più impegnativo, forse per la prospettiva falsata che il cervello ci dà in queste situazioni. Siamo lì assiepati in attesa. L'altimetro segna 6110 metri. Gli Sherpa continuano il loro prezioso lavoro di messa in sicurezza. Una lunga interminabile discesa con calate fra salti di roccia, solidissima questa volta, e placche innevate, fino ad arrivare alla base della parete ovest. Mi ritrovo in neve fonda. Mi guardo attorno. Ci attende un grande plateau glaciale impreziosito da vette interamente ricoperte di neve. Sulla nostra destra fa bella mostra di sé il Baruntse con le sue quattro cime, ambito settemila. In pratica, i tre passi si trovano sulle tre principali creste del Baruntse. La cresta di sud est si abbassa fino a comprendere lo Sherpani-la; sulla cresta sud si trova il West Col e sulla cresta ovest abbiamo l'Amphu Lapcha. La lunghissima cresta ovest che poi arriva a congiungersi con l'Ama Dablam. Più lontano giganteggia il versante sud ovest del Makalu. Ci troviamo su di un immenso pianoro, del quale a fatica riesco a cogliere le dimensioni. Davanti a noi quattro chilometri, quattro interminabili chilometri su ghiaccio prima del West Col, leggermente più alto del precedente, a quota 6135.

Ore 14:00. Ci siamo tutti noi del gruppo: manca solo Franco e c'è anche un paio di kitchen boys, gli aiuto cucinieri, che avendo sulle spalle un carico decisamente meno pesante dei portatori, possono tenere un buon passo. Ci fanno capire che lì verrà posto il campo. Così alto non era stato di certo previsto. E comunque non è prudente pernottare alla massima quota raggiunta in giornata, mentre è sempre opportuno scendere di qualche centinaio di metri per favorire una buona acclimatazione. Mugugni. Fra l'altro, dovremo aspettare fino quasi le cinque del pomeriggio prima che arrivino tutti i portatori. A mano a mano che il sole cala sull'orizzonte, la temperatura scende sempre più lasciando spazio al gelo che si insinua sulla pelle a dispetto dei duvet che indossiamo. È già buio quando le tende sono pronte per accoglierci. Arrivano anche alcuni del gruppo degli Austriaci. Sono in pochi. Sembra abbiano dei problemi. Una di loro è scossa da grossi ed irrefrenabili brividi di freddo e chiede con insistenza ospitalità. Cosa che prontamente facciamo. Si accampano ad alcuni metri da noi. Armeggiano con il telefono satellitare, forse per chiedere aiuto. Erano già stati abbandonati dai portatori per cui Kipa aveva ritenuto opportuno prestare loro alcuni dei nostri. Anche questo aveva contribuito a creare un ritardo alla nostra spedizione.
Non ne sapremo più nulla.

Siamo giusto a ridosso della sottile cresta rocciosa che identifica il West Col, che affronteremo l'indomani ... Buio ... E con il buio la temperatura precipita. Renato ed io non prendiamo neppure l’ultima tazza di the. Sarà una notte freddissima cercare di dormire con dieci gradi sotto lo zero. Fuori la temperatura in questo periodo, ottobre avanzato, scende “tranquillamente” fino ai venti sotto lo zero! Ce l’aspettiamo. Alle tre di notte, quando dovrò uscire per un bisogno impellente, la pila frontale illumina uno scenario del tutto inusuale: l’interno della tenda è di un bianco uniforme. Tutto, ma proprio tutto, lo zaino, i pochi oggetti lasciati accanto al materassino, la piccozza, la borraccia, qualche indumento, tutto è così desolatamente bianco. Ogni cosa è ricoperta da uno spesso strato di brina, luccicanti cristalli di ghiaccio, resi vivi e vitali dalla luce della lampada. Persino il sacco piuma nel quale sono avvolto è ghiacciato al suo esterno. Con estrema fatica indosso gli scarponi irrigiditi, apro la cerniera irrigidita della tenda ed azzardo i primi passi: l’uscita nella nebbia è una ulteriore violenta sferzata di gelo. Il silenzio assoluto sembra far male … la bianca e pallida luce lunare avvolge il bianco della neve e delle cime circostanti e rende tutto uniforme. La percezione dello spazio si annulla in quella uniformità e mi vedo costretto a muovermi con passi incerti e barcollanti, quasi fossi sull'orlo di un precipizio senza fondo o brancolassi nel vuoto assoluto. Non ci sono punti di riferimento che possano venire in aiuto al mio senso dell'equilibrio così compromesso ...
 
Maddalena, quella notte, avrà un attacco di mal acuto di montagna, vomitando a più riprese ... è molto debole…
Il barometro mi dà 509 millibar.
( da "Ho visto le montagne toccare il cielo" )
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II° campo alto - 5700 m

Sherpani-la versante est - 6110 m

Sherpani-la versante ovest: una lunga calata in doppia fra salti di roccia e placche innevate.

Sul grande plateau ghiacciato ad oltre 6000 metri. Alla nostra destra spicca il Baruntse, un settemila. Quattro interminabili chilometri ci dividono dal West Col.

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