domenica 20 marzo 2011

Tumlingtar - Makalu CB: nono giorno

Nono giorno: Yangle Kharka (3600 m) – Shersong (4600 m)
Dislivello: + 1055 m - 40 m
Ore: 4.30

Ancora pioggia durante la notte. Sembra una costante in questa prima parte della nostra avventura verso il campo base del Makalu, il “Grande Nero”. Quando ci alziamo alla solita ora, dopo il consueto “Tea, Sir” degli aiuto cuoco pronunciato sommessamente all'ingresso di ogni tenda, il cielo non è poi così brutto e alcune cime innevate fanno timidamente mostra di sé. Oggi l'avvicinamento prevede il campo a Yak Kharka a quota 4400 metri dove è presente un altro ricovero gestito, utile per perfezionare l'acclimatazione. Nella realtà, saremo costretti a proseguire perché il luogo, davvero limitato per le spedizioni, è già impegnato dagli Austriaci. Il tempo si mette decisamente al buono e si può salire con spirito leggero. Risalendo il tranquillo sentiero immerso ancora nella foresta, superiamo alla nostra sinistra, al di là del fiume Barun, una piana erbosa, Nghe Kharka, con relativa baita di sassi, adibita a ricovero di fortuna e le coloratissime bandierine di preghiera che ne segnalano la presenza. Ora la valle si allarga. Cespugli di ginepro prendono il posto dei maestosi alberi e si intravedono le prime pareti granitiche di un colore scuro, vertiginose, alte alcune centinaia di metri.
Superata una cascata, a 4200 metri circa ... solo prati oramai ... troviamo una casa, Jhak Kharka: sembra una “reggia” a confronto. Il piano terra presenta la parte giorno; girando su di un lato, arrampicando su alcuni gradoni in pietra è possibile accedere ad una stanza sopraelevata con tanto di pavimento in legno e tavole su cui trascorrere la notte. Ultima ciliegina sulla torta, un pannello solare fa bella mostra di sé. Anche qui la presenza di una giovane Sherpani accoglie gli “audaci” con grandi thermos di the dietro un modesto, per noi occidentali, compenso di poche rupie. Sosta per tutti di un'ora, il tempo per consumare un leggero spuntino accoccolati qua e là, sdraiati sull'erba, seduti su massi o appoggiati su tronchi a bella posta ammassati e pronti per lavori di ristrutturazione della baita. Non oso pensare alla fatica di coloro che hanno portato fino a qui questi pesanti materiali sulle loro spalle!
Passati accanto al lodge a Yak Kharka sotto gli sguardi forse un po' divertiti degli Austriaci che vi hanno trovato ospitalità prima di noi, il sentiero continua a salire con lieve pendenza sempre per prati resi ormai giallastri dalla stagione avanzata. Alcuni yak pascolano su pendii scoscesi. Sono i primi che si fanno ammirare nella zona del Barun. Dopo aver superato un crinale ci troviamo in un'ampia zona alluvionale dove il fiume si allarga e si disperde in mille rivoli. In lontananza grandi vette bucano le nuvole, bianchissime e in piacevole contrasto con sprazzi di azzurrissimo cielo. Saliamo fra sabbia e pietrisco accumulato dalle acque che il Barun trasporta con sé. Un vasto altopiano ci viene incontro. Il terreno è asciutto, erboso ed è qui che poniamo il nostro campo. La zona è freddissima, inospitale ed è conosciuta con il nome di Shersong, la “piana d'oro”. A tratti un rombo di tuono ci fa intuire la caduta di qualche seracco, lassù tra le nuvole ...
Alcuni portatori dormono in un ricovero di fortuna fatto con pietre e assi di legno, altri in una grande tenda. Accanto trova posto una specie di recinto costruito con massi semplicemente appoggiati l'uno sull'altro. Credo sia un ricovero per gli yak. Con il buio che presto arriva a ghermirci, comincia a nevicare ... un nevischio sottilissimo ... lo senti frusciare sulla tenda che ricopre in breve tempo con un lieve strato di neve ghiacciata. Il silenzio e l'isolamento sono totali.
( da "Ho visto le montagne toccare il cielo" )
Leggi le prime pagine
La puja. Il rito propiziatorio consiste nel gettare in aria del riso;  vuole essere un auspicio di buon augurio per la nostra spedizione e, nel contempo, una barriera contro gli dei malvagi che popolano le vette.

Jhak Kharka. Ricovero di fortuna a 4200 metri di quota. Un'ottima occasione per un po' di ristoro ed una breve sosta.

Jhak Kharka. Una delle tre Sherpani che ci seguono con un carico di trenta chili sulle spalle da Tumlingtar fino al campo Base del Makalu si abbandona ad un breve sonno ristoratore. Le ho spesso ammirate mentre camminavano seminascoste dai loro grossi carichi al pari dei portatori maschi.

Saliamo fra sabbia e pietrisco accumulato dalle acque che il fiume Barun trasporta con sè

Il campo a Shersong, un'arida piana stepposa a 4600 metri. Comincia a nevicare ... un nevischio sottilissimo ... lo senti frusciare sulla tenda ...

Nessun commento:

Posta un commento