martedì 28 aprile 2015

Terremoto in Nepal

27 aprile 2015. Ore 16:47

Sono frastornato. Mi giunge il numero dei morti, aggiornato di ora in ora. E va in un'unica direzione. All'insù. Non potrebbe essere altrimenti. La terra, dopo la prima devastante scossa, vicinissima all'ottavo grado della scala Richter, continua a tremare. Lo sciame sismico, di inaudita violenza, sempre su gradi molto elevati, aggrava se possibile, un quadro di sofferenza, dolore e morte, già insostenibile. La valle di Kathmandu, con i suoi 2.500.000 abitanti, raccoglie poco meno del dieci per cento di tutta la popolazione nepalese. Il Nepal è un paese povero che stenta a trovare una sua dimensione, schiacciato com'è, non solo geograficamente, tra due giganti: la Cina a nord e l'India a sud. Uscito nel 2006 da una guerra interna durata dieci anni,, combattuta dai guerriglieri comunisti maoisti contro il potere centrale, senza esclusione di colpi da entrambe le parti, ha prodotto 12.000 morti. Poco abbiamo saputo di quel feroce e lungo conflitto. Oggi il Nepal è una Repubblica Federale Democratica, ancora alla ricerca di una Costituzione, sottoscritta da tutti i suoi partiti politici. Un accordo non è stato raggiunto. Il Nepal è un paese povero, immensamente povero, dicevo. Le sue risorse sono le grandi montagne himalayane che richiamano gli alpinisti da ogni parte della terra. Mentre gli escursionisti di ogni età si arrampicano su per le alte valli fino ai 4000 metri di quota e gli ultimi villaggi abitati da etnie come gli Sherpa, i Tamang, i Gurung, i Rai. Kathmandu, centro culturale e religioso per eccellenza, è meta di moltitudini di turisti. Un tempo alcuni di loro si spingevano fino a qui in cerca di facili paradisi artificiali. Gli Hippies alla fine degli anni sessanta. Due sono le religioni che convivono in totale armonia, un aspetto questo del nostro tempo, non certo scontato. L'Hinduismo e il Buddhismo. Mi sono avvicinato al Nepal, spinto dal fascino irresistibile delle grandi altezze e ho scoperto la gente di quella terra, la loro semplicità, l'accoglienza nei confronti dello straniero, l'accettazione dell'altro. Ho respirato la religiosità e la sacralità dei suoi luoghi. Ogni vicolo, ogni tempio, ogni piccolo spazio aperto di Kathmandu è di per sé un luogo dove il devoto hinduista o buddhista può fare professione della propria fede in ogni momento del giorno. Numerosissime le immagini di divinità buone in lotta contro i demoni. Ho imparato a riconoscere quelle divinità e quei demoni dal nome, spesso, impronunciabile. Credo che poche città al mondo possano vantare un numero così elevato di siti protetti dall'Unesco, in quanto patrimonio culturale mondiale. Sono ben sette. Le tre piazze dallo stesso nome, Durbar Square, di Kathmandu, Patan e Bhaktapur, le tre città regali un tempo divise e in competizione fra loro, ora praticamente un unico agglomerato urbano, il “centro sociale e religioso della vita cittadina”. Risalgono ad un periodo storico quando noi eravamo in pieno Medio Evo. Sono musei a cielo aperto, con i numerosi templi a pagoda, custoditi da grandi statue. Ciascuna dedicata ad una divinità, più frequentemente ad una dea, alla quale sono affidati i destini di una umanità afflitta da tanti malanni. E Swayambhunath e Boudhanath, forse i due centri maggiori del Buddhismo lamaista o tibetano di tutta l'Asia. E Pashupatinath, sulle rive della Bagmati, il fiume che scorre attraverso Kathmandu, prima di gettarsi nel Gange. Non è un caso che abbia usato la parola “della”. Infatti i fiumi sono divinità femminili. Centro religioso importantissimo per gli Hindu, è il luogo dove si eseguono le cremazioni e si gettano le ceneri dei defunti nelle sue sacre acque. Qui mi sono soffermato più volte, nel corso delle mie frequentazioni nepalesi, spinto dalla curiosità di conoscere. In atteggiamento rispettoso verso una religione che non è la mia, mi sono avvicinato in silenzio ad un rito profondamente lontano dalla mia cultura. E ne sono rimasto affascinato ed emotivamente coinvolto. Infine Changu Narayan, l'altro grande centro religioso così caro agli Hindu, interamente dedicato alla venerazione del dio Vishnu...
Le immagini di quei luoghi che ben conosco, mi giungono dai media, affastellate le une alle altre. Non riesco più a riconoscerli, tanto sono devastati e sepolti da informi cumuli di macerie. Non so se il popolo nepalese, così provato, avrà la volontà morale e la forza di ricostruire.
Ho un ricordo molto vivo del mio ultimo recente soggiorno in Nepal. Bhaktapur, ovvero la Città dei Devoti, a pochi chilometri da Kathmandu. Piazza Taumadhi. Sono solo. Accoccolato su di uno scalino ammiro il Tempio Nyatapola a pagoda, di fronte. Con i suoi cinque tetti sovrapposti, svetta alto nel cielo ed è dedicato a Siddhi Lakshmi, la sposa di Vishnu, dea della fortuna e del benessere. Si avvicina una ragazzina. Dodici anni o giù di lì. Tra di noi inizia un lungo dialogo. È lei la prima. È curiosa come solo i ragazzi a quella età sanno esserlo. Le differenze culturali e soprattutto linguistiche sono superate alla grande. La lingua inglese sarà il medium che ci permetterà di comunicare. La conversazione è rilassata e serena... Rivedo il suo volto e mi chiedo, con angoscia, se Siddhi Kakshmi, la dea della fortuna e del benessere, l'avrà aiutata e salvata da quel mare di rovine.


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